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20 septembre 2011 2 20 /09 /septembre /2011 09:04

Molti connazionali stanno pensando di trasferirsi all’estero. La prima cosa da fare e’ essere sicuri di volerlo fare e di poterlo fare. Non e’ una passeggiata, il poeta diceva che sa di sale lo pane altrui. Trasferirsi all’estero non e’ per tutti. Chi abbia deciso di farlo deve intanto rispondere ad una domanda, „dove?“ ed anche ad una domanda-corollario: „come?“. Non ci sono risposte univoche, ad ognuno (o ad ogni gruppo sociale) la sua, piuttosto. Prendiamo l’esempio di giovani studenti universitari. Studiare all’estero e’ una scelta saggia, naturalmente non sempre ma in certi casi si’. Studiare dove allora? In generale, in questo caso vanno bene i Paesi del NordEuropa, ma a condizione di avere la forza di accettare un clima meteorologico e soprattutto un clima sociale diversi da quelli della penisola, e spesso molto diversi. Il che significa accettare di esporsi a stress non indifferenti, per esempio a quelli che produce il dover rispettare regole per molti incomprensibili, ed una riduzione di alcune liberta’ cui si e’ abituati (beninteso in cambio di vantaggi, ma il saldo vantaggi/svantaggi e’ sempre da calcolare in anticipo). Le borse di studio – e qui siamo al „come?“ - vanno bene, ma a condizione che si sappia che solo con quelle non si vive o si vive peggio che a casa. Dunque, a meno di poter contare sui soldi di papa’ prepararsi a cercare ed a fare lavori o lavoretti paralleli allo studio, incluso lavaggio di piatti in ristoranti. Cose che le mamme italiane (ed i padri) di solito non incoraggiano a fare. Il NordEuropa va ancora meglio per giovani laureati interessati a sviluppare competenze in certi settori della  ricerca di punta o di nicchia. Le internship possono essere coperte con assegni anche piuttosto generosi, e con accomodation gratuite. Ma anche qui, attenzione. Se siete alla prima esperienza di vita fuori di casa, questa puo’ essere insieme piacevole e dolorosa, insomma una specie di servizio militare. Il NordEuropa va bene (in certi casi benissimo) anche per  apprendisti e giovani lavoratori a bassa o media qualifica: ci sono lavori che i nativi non vogliono piu’ fare  e che voi potreste accettare di fare, ma in ogni caso non vi troverete nella condizione dei lavoratori extracomunitari nei Paesi Mediterranei. Il vantaggio per voi sta nel godere di assicurazioni sociali e servizi che un giovane outsider in Italia si sogna la notte.

Per giovani (e non giovani) lavoratori specializzati o altamente specializzati meglio invece stare lontano dal NordEuropa (per non parlare dell’Asia Orientale). Ce ne sono a sufficienza li’. Consigliabile puntare la barra verso altre sponde. Soprattutto verso quei Paesi largamente dotati di ricchezze naturali, ma senza il capitale umano indispensabile per utilizzare le tecnologie necessarie per metterle a valore. Penso a certi Paesi del Medio Oriente, ma anche dell’Asia Centrale. Salari? Molto interessanti, e tanto piu’ interessanti quanto piu’ si e’ in possesso di qualifiche ed esperienze uniche. Ideali per una fascia di eta’ dai trent’anni in su, che ha gia’ fatto la gavetta in Italia. In questi paesi si puo’ vivere bene, ed in certi casi molto bene: salari buoni, e soprattutto benefit interessanti (ratei di affitto pagati o parzialmente pagati, numero garantito di viaggi andata e ritorno per l’Italia prepagati).

Economisti, statistici, giuristi, operatori sociali con esperienze professionali di almeno dieci-quindici anni alle spalle sono un’altra categoria che puo’ trovare allettanti opportunita’ di lavoro nei Paesi dell’Asia Centrale, del Medio Oriente, e dell’Africa. Le Agenzie Internazionali e molti donatori bilaterali sono impegnatissimi in programmi diversi, che vanno dal sostegno alla modernizzazione delle istituzioni degli Stati al sostegno alla costruzione della democrazia, dall’incoraggiamento al dialogo sociale alla mediazione di conflitti, dal disegno ed attuazione di  riforme strutturali dell’economia alla lotta alla corruzione ed al crimine organizzato, dal monitoraggio del livello di liberta’ di espressione a quello della trasparenza nelle competizioni elettorali. Tanto per fare degli esempi. Ingegneri ed agronomi (anche in questo caso con buone esperienze pregresse) hanno significative opportunita’: in questi Paesi e’ in atto uno sforzo enorme nella costruzione di infrastrutture e nella riduzione delle condizioni di poverta’ delle aree rurali.

All’estero si’, ma attenzione al dove (ed al come). Ed attenzione a che cosa si ha da offrire. Come si dice con un’espressione banale: gli eschimesi non comprano frigoriferi ne’ c’e’ bisogno di esperti di termosifoni all’Equatore.

 

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19 septembre 2011 1 19 /09 /septembre /2011 12:09

Ai primi di settembre ero per una settimana ad una conferenza in un bel posto sulla riviera del Montenegro. Dopo nove ore di lavoro senza contatto con il bellissimo ambiente circostante   - colmo della punizione: la sala conferenze era in un sotterraneo senza finestre di’ e notte illuminato rigorosamente solo da luce artificiale – mi sono ritrovato davanti a calici di Chardonnay con un gruppo di colleghi russi a parlare de la pluie et du beau temps. Sociologi, economisti e giuristi di successo (loro). Tutti con un’idea sola in testa, andar via dalla Russia, in vari modi motivata, ma in tutti i casi sintetizzabile con un „non ho fiducia nel futuro del mio Paese“. Dal momento che (finalmente) eravamo all’aperto e che parlavamo a voce alquanto alta, al gruppo si univano turisti russi della classe media che spingevano carrozzini con i loro bellissimi bambini. Non tycoon ma funzionari di banca, quadri di aziende private, architetti. Anche questi con la stessa idea, ma in cerca di suggerimenti pratici sul come andar via dal loro Paese, e per fare che cosa. Non mi sono sentito a disagio, giammai fuori luogo, perche’ questo tipo di discussione sta diventando comune anche fra italiani. Ho fatto domande sul perche’ volessero andarsene, e le risposte, per quanto apparentemente eterogenee, avevano un punto in comune: poca fiducia nel futuro. La stessa cosa che noto in analoghe discussioni con i miei connazionali.

In questo tipo di atteggiamenti c’e’ una cosa che mi piace ed una che mi preoccupa. La cosa che mi piace e’ la voglia di cambiamento e la disponibilita’ a viaggiare e cambiare ambiente. La cosa che mi preoccupa e’ che il cambio e’ immaginato come uno „strappo le radici che mi legano al mio luogo d’origine per metterle in un altro luogo“. Come se esistesse una terra promessa verso la quale dirigersi. Ed invece, di terre promesse non ce ne sono. C’e’ da essere pronti ad arrivare in una terra nuova, dove si presenta una nuova opportunita’, ma anche da essere pronti a lasciarla, per spostarsi in un’altra dove si presentera’ ancora una diversa opportunita’. Gli emigranti di un tempo si lasciavano alle spalle un passato che non aveva dato soddisfazioni per costruire un futuro stabile in un posto nuovo. Gli emigranti di oggi, invece, sono condannati a vivere da nomadi: nessun posto nuovo e’ per sempre, perche’ prima o poi non vi dara’ piu’ quello che avevate cercato e trovato, mentre un altro posto ve lo dara’. E poi ce ne sara’ un altro ancora (di posto) dove andare. Non ci sono valigie da fare e disfare, ma valigie da fare per una volta e da tenere sempre pronte per l’uso. Ho anche qualche idea sul dove suggerire di andare (ora e poi), ma la lascio da parte per un’altra volta.

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18 septembre 2011 7 18 /09 /septembre /2011 10:33

Se si e' molto bravi si e' anche campioni. Se si e' anche simpatici, nel senso etimologico del termine, si e' piu' che campioni. Vale per Novak Djoković. "Simpatico" come persona capace di condividere i tuoi sentimenti. Con lui mi piacerebbe chiacchierare per ore al tavolino di un caffe' (magari compatendolo perche' il suo manager non gli permette di bere e mangiare come me). Nel mondo dello sport "simpatico" mi e' (moltissimo) Zdenek Zeman. Una persona senza spocchie e senza paure. Mi piacerebbe passarci un paio d'ore insieme, giusto il tempo per far fuori (in due) un pacchetto di sigarette. A Zeman gliene lascerei quindici, a me (con un po' di sacrificio) ne basterebbero cinque. :-) Giusto per essere "simpatico" anch'io. Con Mourinho no. Una volta ho sognato che ero con lui nel deserto, lontano dalle piste battute. Non so perche' , ma nel sogno avevo legato la mia borraccia dell'acqua ai miei polsi con una robusta catena.

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17 septembre 2011 6 17 /09 /septembre /2011 13:16

Interno dell’Istria (Croazia): colline e borghi medioevali sulla cima delle colline, uliveti e castagni, tartufi e campanili. Come in Umbria o in Toscana, ma senza spocchia e solo ad un’ora da Trieste. Isola di Hvar/Lesina (Croazia): atmosfera cosmopolita, architettura dalmato-veneta, superbi ristoranti di pesce da mangiare seduti con la vostra amata/il vostro amato ad un tavolo illuminato da candele. Cattaro e Perasto, bocche di Cattaro (Montenegro): dove il mare e’ come un lago e i centri storici sono protetti dall’Unesco. Massimo del romantico. Una cena allo Stari Mlin (a Ljuta, sobborgo di Cattaro, sulla strada per Perasto) e’ indimenticabile. Pero’ preparatevi a pagare un conto pari a quello che paghereste per aver mangiato pesce a Milano (mi sono limitato a bere un caffe’). Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina): per descrivere quello che si prova ad esserci non basta neppure scriverci un libro, figuriamoci se lo si puo’ fare con le note di un Diario. Impagabile. Belgrado (Serbia): se non ci siete stati non potete neppure immaginare che cosa sia la movida notturna. Porte di Ferro (Serbia/Romania): il grande fiume entra nelle gole, si stringe ma si rafforza. Dove di fronte alla natura ed alla sua bellezza non resta che arrendersi. Corso della Drina (Serbia/Bosnia): per provare quello che si prova a discendere sulle rapide di un fiume in kajak non serve andare in Nordamerica. Butrinto (Albania): il sito archeologico romano piu’ affascinante che mi sia capitato di visitare. Rovine ben conservate, in un quadro di bellezza naturale incomparabile, vicino al mare ma non sul mare. Ocrida (Macedonia): anche questa cittadina e’ patrimonio dell’Umanita’ protetto dall’Unesco. Cene in riva al lago e ballare con la vostra amata o il vostro amato su un pontile galleggiante.

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15 septembre 2011 4 15 /09 /septembre /2011 18:22

Nelle citta' italiane il parcheggio si paga infilando monetine in una colonnina, ma in tasca di monetine non ne hai mai abbastanza perche' scrupolosamente segui i consigli antisfondamento dell'Ente Nazionale per la Protezione delle Tasche lasciando generose mance ed elemosine a destra ed a manca. L'alternativa e' mettersi a caccia di una tabaccheria o di un'edicola dove vendano quei tagliandi tipo grattaevinci, ma la ricerca richiede allenamento e fiuto, perche' nel Paese delle mille corporazioni anche tabaccai ed edicolanti hanno le loro corporazioni, e le corporazioni non ammettono che un tabaccaio od un'edicola stiano di fianco ad un altro tabaccaio o ad un'altra edicola. Alla faccia del libero mercato e della sovranita' del consumatore. Insomma, la ricerca puo' costare una passeggiata non in programma di alcune centinaia di metri, mentre la tua macchina e' in sosta senza che tu abbia pagato per la sosta. Altrove la cosa e' semplice, il problema non e' un problema. Arrivi, parcheggi, mandi un SMS con il numero di targa della tua macchina  ad un numero di telefono ben evidenziato su un cartello e vai via. Quando sta per scadere l'ora per cui hai pagato, un SMS in arrivo ti avvisa che devi ripetere l'operazione. Cosa che puoi fare dovunque tu sia in quel momento. Se c'e' una citta' in Italia dove si fa cosi', segnalatemelo. Ne chiedero' la cittadinanza.

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14 septembre 2011 3 14 /09 /septembre /2011 07:06

L’aeroporto di Budapest-Ferihegy e’ intitolato a Ferenc Liszt: ottima decisione, davvero del genere local-global, visto che pochi altri nomi sintetizzano il successo del made in Hungary nel mondo. Quello di Belgrado a Nikola Tesla, stessa considerazione come sopra. Quello di Roma-Fiumicino a Leonardo da Vinci: c’e’ un nome migliore di questo per evocare il genio e l’inventiva italiani nell’aeroporto piu’ importante della Penisola? Local-global le denominazioni degli aeroporti di Pisa (Galileo Galilei), Venezia (Marco Polo), Bologna-Borgo Panigale (Guglielmo Marconi). Non si capisce invece perche’ l’aeroporto di Bari-Palese sia intitolato a Karol Wojtyla: ma e’ l’aeroporto di Bari o quello di Cracovia? Possibile che a nessuno sia venuto in mente di intitolarlo al Santo piu’ ecumenico e cosmopolita di tutti (Nicola), simbolo della baresita’ aperta al mondo o magari (ghibellinamente) al re svevo che adorava la Puglia?

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13 septembre 2011 2 13 /09 /septembre /2011 20:14

Me lo dicono un giorno prima: „abbiamo bisogno di un moderatore per un workshop sui diritti umani; la persona che avevamo contattato ha dato forfait all’ultimo minuto, la rimpiazzeresti?“. In questo tipo di situazioni non si dice mai di no, e dunque subito dopo la telefonata eccomi su Internet a cercare un posto su un volo diretto per Bruxelles. Niente posto, neanche in business. Le alternative sono: a.). – una coincidenza a Vienna; b.). – una coincidenza a Monaco di Baviera; c.). – una coincidenza a Francoforte. Deve essere una giornata sfortunata, questa, perche’ in economy non c’e’ un posto che sia uno ne’ sul volo per Vienna, ne’ su quello per Monaco, ne’ su quello per Francoforte. Sull’ultimo, pero’, un posto c’e’, in business. Gli organizzatori mi autorizzano a viaggiare in business ed io acquisto il biglietto. A Francoforte avro’ due ore tra l’arrivo e la partenza del volo per Bruxelles. Mi sembra piu’ che ragionevole, mi sento al riparo da rischi. Il volo per Francoforte invece parte con un’ora di ritardo ed io comincio ad inquietarmi. Conosco l’aeroporto della capitale finanziaria del Continente e gia’ un paio di volte ho pensato tutto il peggio possibile di chi ha progettato un monstre di quelle dimensioni, dove per spostarti dagli arrivi ad una qualsiasi uscita in partenza (ed arrivarci in tempo) devi essere atleticamente preparato. Figuriamoci poi se il tempo fra arrivo e partenza si e’ dimezzato. A bordo un’assistente di volo mi rassicura maternamente. „Appena fuori dal finger una nostra assistente a terra si prendera’ cura di lei e lei non perdera’ la coincidenza“. Efficienza teutonica, penso, tanto per consolarmi del fatto che l’Embraer 190 su cui sto per volare e’ scomodo persino per uno di modestissima statura come me. All’arrivo, appena fuori dal finger, l’assistente a terra non si prende cura di me, semplicemente, su mia richiesta, mi dice il numero dell’uscita da dove parte il volo per Bruxelles, cosa che sta ovviamente gia’ scritta sulla mia carta d’imbarco e sul display delle partenze che sta a tre metri da noi. Di usare la sua radio portatile per avvisare l’assistenza passeggeri neanche a parlarne. Beh, dopotutto, ho sempre un’oretta a disposizione, ce la faro’ a non perdere il volo. Naturalmente questo si rivela un calcolo ottimistico, perche’ oltre al tempo per lo spostamento bisogna calcolare il tempo per superare due colli di bottiglia: il controllo passaporti (provengo da un aeroporto non Schengen) e gli strabenedetti controlli di sicurezza dove ormai ti fanno togliere persino le scarpe e soprattutto estrarre il laptop dalla tracolla intasata di documenti (con i documenti che precipitano regolarmente per terra). Al primo bottleneck capisco che ormai e’ andata. La fila e’ ad occhio lunga un cento metri perche’ nell’aeroporto monstre ci sono solo sei sportelli dove si controllano i passaporti (meno che in un aeroporto dal volto umano). Ed infatti, al controllo passaporti brucio un’altra mezz’ora.  A questo punto, correre fino a farsi scoppiare i polmoni e con la tracolla sempre piu’ pesante e’ uno sforzo inutile. Devo cercare di ricordare dove sono gli sportelli dove farsi cambiare la carta d’imbarco, ammesso che mi abbiano riservato un posto sul volo successivo. La cosa paradossale e’ che nonci sono sportelli distribuiti in diversi punti del monstre, ma sono concentrati in un solo punto, dove non si fa la fila, ma si ritira un numero d’ordine da una macchinetta, come al banco dei salumi del supermercato. Un altro bottleneck da superare, dunque. Spremendo la memoria (segnaletica insufficiente) riesco ad arrivare agli sportelli senza girare come un nomade. Quando e’ il mio turno l’addetto allo sportello mi rivela che non c’e’ nessuna prenotazione a mio nome. Per fortuna ci sono posti liberi  sull’ultimo volo della serata per Bruxelles. Con la nuova carta d’imbarco mi avvio all’uscita, ci saranno appena cinque-seicento metri da fare a piedi, con l’angoscia che la mia valigia non mi segua piu’ e che dunque domani dovro’ fare il mio lavoro vestito da viaggiatore, altro che giacca e cravatta d’ordinanza. Pero’ almeno non ho da correre, il mio volo parte fra due ore. Ho tempo per fermarmi per bere un bicchiere di Riesling del Reno. L’unico episodio piacevole in questa brutta giornata. Ah, dimenticavo, mentre ero in fila al controllo passaporti, il solito cretino ha fatto un passo indietro senza guardare alle sue spalle e con lo zaino mi ha rotto gli occhiali.

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12 septembre 2011 1 12 /09 /septembre /2011 19:12

Italia anni dieci: spesa pubblica per la cultura tagliata, scuola ed universita'  in abbandono, centri storici e siti archeologici lasciati a se stessi. E' come se i kuwaitiani, o i sauditi, incendiassero i loro pozzi di petrolio.

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10 septembre 2011 6 10 /09 /septembre /2011 12:05

Un tempo mi piaceva molto il gioco della torre. Era quando avevo una dozzina d’anni e non mi sfiorava neppure l’idea che se qualcuno o qualcosa fosse caduto dall’alto per poi rompersi a terra potesse essere una fantasia cruenta. Immorali i ragazzini, immorali. E violenti. Quelli di ieri e quelli di oggi. Ne ho avuto l’ennesima prova qualche giorno fa. Ero alla terrazza di un ristorante a cena con la mia compagna. Al tavolo vicino sedeva una coppia decisamente piu’ giovane di noi, lui sui trentacinque, lei suppergiu’ della stessa eta’, visibilmente anglosassoni e visibilmente sovrappeso. Jim e Jane (ma come si fa a chiamare una ragazzina cosi’?) erano la loro appendice. Apparentemente tranquillli, visibilmente ben nutriti, ben vestiti, ben calzati, ben abbronzati, in realta’ due potenziali criminali violenti, con tanto di permesso di genitori tolleranti. La cattiveria di Jim non tarda a mostrarsi, anzi si mostra quando due gattini affamati si avvicinano ai tavoli. Sto osservando Jim e colgo un lampo sadico nei suoi occhi. Ed infatti si alza dal suo posto (i genitori, per quanto anglosassoni, non reagiscono) e muove verso le due creaturine per spaventarle. Non gli basta: deve aggiungere un calcio ed una tirata di coda ad entrambi. I genitori non reagiscono, a reagire sono io. Applico la legge del contrappasso: a Jim regalo un „buh“ con faccia da film del terrore ed anche un calcio (dolcissimo) nel fondoschiena. La mia compagna e’ terrorizzata, pensa che a questo punto i genitori lasceranno il loro posto e mi prenderanno a calci (per davvero). Ed invece non succede niente. Per questi inetti, tutto quello che e’ successo e’ niente. Incoraggiata dall’atarassia dei genitori, anche Jane muove verso i gattini. Incoraggiato dall’incapacita’ di reagire dei genitori (ne’ a difesa dei figli e contro di me, ne’ per spiegare ai figli come ci si comporta con gli animali) la terrorizzo con un ghigno satanico e la mando in  fuga. Bene, i gattini li ho salvati, ed ho capito che persino i bambini anglosassoni, un tempo modello di buona educazione, sono diventati peggio dei nostri. La mia compagna trema perche’ teme la reazione dei genitori. Ed invece niente.

Torniamo al gioco della torre. L’idea di scegliere fra una rosa di candidati chi eliminare resta per me una cosa divertente. Pero’, che sia incruenta. Niente torri e persone da buttare giu’ dalle torri. Meglio una variante gandhiana: scegliere chi chiudere nello stanzino delle scope, per 48 ore, a pane ed acqua. Basta con il gioco della torre, avanti con il gioco dello stanzino delle scope. Quello del sottoscala, beninteso, perche’ gli altri sono troppo comodi.

P.s.: I genitori dei due teppistelli li avrei messi li’. Pero’ forse 48 ore chiusi e tenuti a pane ed acqua sarebbe stata una pena troppo mite. Diciamo 72 ore oppure esagero?

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6 septembre 2011 2 06 /09 /septembre /2011 11:10

Montecarlo? No. Montenegro? Si'.

 

Pero', come dovunque, scegliete bene location ed accomodation. Io, per esempio, adoro Cattaro e Perasto (centri storici protetti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanita') e gli alberghetti di charme ricavati da ottime ristrutturazioni di case patrizie costruite nel XVIII o nel XVII secolo. Molto meno Budva ed i suoi alberghi all'americana.  Se siete dove vi consiglio di stare, provate a prepararvi un buon Martini (la preparazione non e' per dilettanti, un po' di studio e pratica sono consigliati) per berlo sulla terrazza della vostra stanza quando il sole cala e sulla baia cala il silenzio e le luci della costa opposta si accendono. Ideale per coppie mature in cerca di un posto dove passare una seconda luna di miele. Se poi siete in barca, e' difficile trovare di meglio nel Mediterraneo.

 

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Index of Economic Freedom (Indicatori di Liberta’ Economica) nei Paesi dell’Europa SudOrientale su http://alessandronapoli.eu/page.php?197

 

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Latitudini &Amp; Longitudini

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