Michele Mascolo Fu Domenico
Le foto, i guardoni e Farinata.
Viviamo di immagini fotografiche.
La vita delle persone che hanno meno di cinquant'anni è soltanto un ininterrotto book fotografico.
Da quando Robert Capa ha immortalato le immagini della guerra civile spagnola (1936-1939), la storia del mondo è divenuta la sua spettacolare sequenza fotografica.
La diffusione dei telefoni cellulari, tutti muniti di capace fotocamera, ha sicuramente favorito due fenomeni distinti e paralleli:
1 - l'esasperazione dell'auto - voyeurismo (selfismo, dicono ora quelli che se ne intendono), diretto a solleticare il voyeurismo altrui;
2 - la difficoltà crescente di fissare qualche pensiero sulla carta (sulla tastiera del pc), operazione che, naturalmente, prende del tempo e richiede rispetto di regole antidiluviane, di remota origine scolastica e di sicura impostazione autoritaria.
I pensieri sono, per l'interpretazione freudiana, i dardi di Apollo; e le frecce, si sa, fanno male: a chi le subisce, ed a chi le ha lanciate e soffre, ora, il rimorso di non aver mancato il bersaglio; "le righe con il sangue uccidono", ha scritto Boris Pasternak.
Le fotografie, al contrario, sono assistite dalla presunzione di "obiettività" (che è soltanto un gracile pregiudizio): non puoi negare che stavi là, che portavi quella cravatta disgustosa, che sogghignavi mentre commemoravano il tuo amico più caro.
E allora: sorrisi; "eventi" eternati; animali domestici nell'atto di passare le loro roride lingue sulla tua bella faccia da schiaffi; torte gigantesche, a più piani e a più colori, un epinicio in onore del coma diabetico, sempre in agguato grazie anche a queste simpatiche apologie del glucosio.
La gran parte dei turisti, in giro per il mondo da oltre mezzo secolo, non guarda più nulla; fotografa, per poi vedere tutto con calma, a casa, e, subito dopo, esporre il bottino fotografico per la gioia (e l'invidia) degli amici; che neanche loro hanno visto niente di tutto quel ben di Dio, ma che, a differenza degli amici viaggiatori, non hanno potuto "scaricare" nulla dal carniere stracolmo di immagini.
Questo culto esasperato per l'immagine costituisce l'ennesima rivincita della "cultura" neo-pagana sul pensiero greco-romano-ebraico-cristiano; il rifiuto della "profondità" e della memoria, l'esaltazione inconsapevole e aggressiva della superficialità e dell'effimero.
Poi, a chiamarti in causa, una giovane avvocata ti ha confidato, non più tardi di ieri, che la tua "abitudine posturale", in Tribunale, "incute un metus reverentialis" in chi ti incrocia; e sei costretto a ricordare le somiglianze volta a volta attribuiteti negli ultimi anni: Francesco II di Borbone; secondo il povero Lucio Albergo che da un anno ci ha lasciati; il conte Giuseppe Volpi di Misurata, grande finanziere e governatore della Tripolitania, secondo un professore di procedura penale alla Sapienza; e, infine, la più gratificante: Farinata degli Uberti, secondo Generoso D'Onofrio, avvocato di origine napoletana e di innato senso dello humour.
Il mio "selfie" immaginario e innocente viaggia, così, tra i personaggi, le generazioni ed i secoli, in attesa, finalmente, della riscontrata somiglianza con il mendicante di Via Sparano, il pescatore di anguille del lago di Lesina e l'attuale decano del Sacro Collegio.
Prima o poi, qualcuno si farà vivo.
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