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30 septembre 2010 4 30 /09 /septembre /2010 11:10

Sulla παραλια (lungomare), una strada a quattro corsie per senso di marcia con a monte palazzi elegantissimi, cafeterie, ristoranti cosmopoliti, negozi di mobili di design italiano e verso la battigia una fascia verde larga qualche centinaio di metri perfettamente tenuta ed attraversata dai tram disegnati da Pininfarina, la scena non e’ diversa da quella di due anni fa. E’ un lungomare un po’ Santa Monica (ma a sviluppo verticale) un po’ croisette di Cannes, percorso da tante BMW cabriolet e Mercedes coupés, nell’angolo forse piu’ esclusivo dell’Europa Sud-Orientale. Quello che piu’ colpisce e’ la grande quantita’ di Smart biposto guidate da ragazze e signore bionde (finte ovviamente, ma qui i parrucchieri lavorano bene, almeno quanto i chirurghi estetici). Quando ero ragazzino su questa strada scorrevano soprattutto berline di fabbricazione tedesca o inglese di seconda o terza o ennesima mano ed anziani macchinoni americani convertiti in taxi, mentre alla domenica mattina dai sobborghi e dal centro si riversava anche un buon numero di motocarri, con famiglie sedute su cassoni che nel resto della settimana non ospitavano persone ma cose. Almeno di domenica, questa citta’ che non aveva ancora conosciuto clamorose diversita’ di condizione sociale si tuffava in mare unita e si ritrovava unita, con la sola differenza che all’ora di pranzo „i ricchi“ avrebbero mangiato nelle taverne (non in ristoranti alla francese o all’italiana) mentre sulla spiaggia o sugli scogli le famiglie povere si sarebbero divise tegami di pastitsio o di moussaka preparati in casa.

Ad un occhio nuovo dei luoghi, oppure ad un occhio superficiale la παραλια trasmette oggi, Settembre 2010, un’immagine non di benessere materiale, ma addirittura di opulenza, come quella degli anni dell’illusione consumistica pre-crisi, mentre l’ordinatissima fascia costiera, i tram „europei“, il verde rasato ed innaffiato dello spartitraffico fanno pensare ad una ricchezza „pubblica“. Un occhio appena piu’ attento coglie pero’ le prime differenze con la situazione di qualche anno fa: a contare il numero di negozi, cafeterie e ristoranti chiusi si perde il conto, mentre i piani terra dei palazzi nuovi sono tappezzati da cartelli che dicono „ενοικιαζεται“ (si affitta) o addirittura „πολειται“ (si vende). E si vede che quei cartelli sono ingialliti: da mesi non si affitta e non si vende.

Serata al ristorante di un amico, sempre sulla παραλια. Sono le otto e mezza, ed e’ sabato, mica un giorno lavorativo. Al ristorante a mangiare siamo per ora in due. Il mio amico e’ nervosissimo e se la prende con il governo: „non bastava la crisi, adesso hanno proibito pure il fumo nei luoghi pubblici. Se trovo uno che se lo compra, il ristorante lo vendo“. Due anni fa, in questo stesso posto, a questa stessa ora, il ristorante aveva gia’ registrato il tutto esaurito. Le strade intorno cominciano piano piano ad animarsi, ma per ora nessuno entra, mentre qualcuno prima di entrare guarda la locandina con il menu’ ed i prezzi (cosa mai vista in Grecia) e si allontana. Eppure il ristorante del mio amico non e’ certamente costoso. I giovani, fuori, per strada, addentano panini con hamburger comprati da Goody’s (un McDonald ellenico) o vaschette di pollo fritto comprate da KFC; ad entrare nel ristorante (e neppure nella taverna dell’angolo) non ci pensano neppure.

Alle nove e mezzo il ristorante comincia a riempirsi. Alle dieci c’e’ molta gente, ma di tavoli liberi ne restano. Ed e’ sabato sera.

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