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4 novembre 2011 5 04 /11 /novembre /2011 13:13

„Volevamo essere come loro  - cosi’ diceva un mio vicino che avrebbe potuto essere poco piu’ che mio padre e poco meno che mio nonno, raccontandomi di domeniche pomeriggio passate al cinema a guardare i film di Massimiliano Neufeld –  ma non lo eravamo. Loro parlavano al telefono, che per giunta era bianco, noi il telefono non lo avevamo ed un telefono bianco non lo avevamo mai visto da vicino; loro avevano donne bellissime, noi non avevamo neppure idea di che cosa fossero le donne, a parte le mogli e quelle che potevamo avere nei casini. Loro avevano la macchina e l’autista, noi andavamo in vacanza, ma solo in case per ferie, con i treni popolari e a spese dello Stato cioe’ del partito (che poi erano piu’ o meno la stessa cosa), ed i bambini in colonia; in un albergo, anzi in un grande albergo come quelli che vedevamo in quei film non ci avevamo e non ci avremmo mai messo piede. Loro erano ricchi e vivevano in case arredate con mobili modernissimi, noi stavamo in due camere e cucina, con vista sul cortile. Eppure quei film li guardavamo tutti, e non soltanto dall’inizio alla fine, ma anche due volte di fila. C’era un film con Alida Valli, e la sala era strapiena. Anche perche’ l’Alida Valli era una donna stupenda, il sogno di tutta la mia generazione nata qualche anno prima della prima guerra mondiale. Sai che dicevano in quei film?“ „Non lo so, oppure non me lo ricordo, ne ho visto solo qualcuno e solo nei giorni della Fiera, quando la televisione li manda in onda la mattina“. „A Budapest, a Budapest dicevano, e cosi’ a sogno si sommava sogno: grande capitale un poco esotica ma non troppo, bella vita ed anche cose sconosciute come la televisione. La nostra vita di tutti i giorni era un’altra cosa. Quei film mi facevano un doppio effetto. Da un lato mi sentivo rassicurato: visto che si puo’ vivere cosi’, prima o poi a vivere cosi’ potrei essere io; dall’altro, specie quando io e mia moglie tornavamo a casa e mangiavamo un piatto di spaghetti e bevevamo un mezzo litro di vino rosso allungato con l’idrolitina in bicchieri di vetro e non di cristallo, mi cresceva una rabbia che non ti dico, che non ti puoi immaginare“. Ci credo: una rappresentazione ottimistica come quella del cinema dei telefoni bianchi doveva essere un’arma a doppio taglio per il regime: poteva rassicurare la gente e creare consenso, diffondendo l’idea che stava per arrivare un’era di benessere, poteva invece provocare invidia sociale. Il fascismo, forse, scommetteva sul primo tipo di esito, ma non e’ detto che la scommessa in definitiva sarebbe stata vincente. Certo e’ che, al di la’ della qualita’ del lavoro degli sceneggiatori (quasi tutti ungheresi), il cinema dei telefoni bianchi merita attenzione, ed alcuni film sono molto meno stupidi e ben meglio girati dei loro contemporanei made in Hollywood. E soprattutto di quelli del cinema natalizio ai tempi della seconda Repubblica.

P.s.: Massimiliano Neufeld fu uno dei pochissimi intellettuali di origine ebraica che pote’ continuare a lavorare anche dopo l’emanazione delle leggi razziali. Faceva cinema di propaganda? Si dice pero’ che a Mussolini il cinema dei telefoni bianchi non piacesse affatto, che lo considerava roba da smidollati. Anche se, e siamo sempre sui ’si dice’, pare che si divertisse a guardarlo. I dittatori sono sempre indecifrabili e molto spesso incerti.

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